Far partire il video... e leggere.
Spiegherò le prime due foto postate visto che non l'ho fatto e che, soprattutto, mi piace potervi descrivere le cose che ho vissuto, perchè è sempre bello rivivere certi ricordi... Non tutti. Ma questi sì.
La foto col giovane monaco avvolto nella tua tunica rossa l'ho scattata nel monastero di Tongren.
Tongren è un importante luogo di culto per i buddisti. La città è spesso chiusa ai turisti occidentali, per paura che questi possano fomentare rivolte tra gli autoctoni (non dimenticate che eravamo a poche centinaia di chilomtrei dal tanto martoriato Tibet).
La gente a Tongren come in molti paesi del Qinghai è davvero semplice e si stupisce anche solo di vedere una macchina fotografica digitale, e il fatto di potersi vedere ritratti in tempo reale li affascina e spaventa al tempo stesso. Sublime.
Nel monastero (vicino alla città) abbiamo assistito a un momento di preghiera di una quarantina di monaci. Un esperienza toccante vista l'atmosfera surreale che si respirava laggiù, al buio, con la sola illuminazione di numerose candele, in mezzo a drappi rossi, tappeti, statuette d'oro ed effigi raffiguranti il Budda, camminando su assi di legno che risuonavano a ogni passo che facevamo (a piedi scalzi).
La preghiera era una specie di nenia dal sapore indescrivibile. Una voce guidava i monaci cantando con voce roca e monocorde... Gli altri accompagnavano la preghiera, ma il risultato era un misto fra il parlato e il cantato che è impossibile rendere a parole. Diverso comunque da ogni preghiera recitata in una qualunque chiesa delle nostre parti...
Ricordo chiaramente che c'era un acre odore di formaggio. Probabilmente dovuto al fatto che le candele non erano di cera, ma di qualche grasso animale. Quell'odore l'ho incontrato diverse volte nel mio viaggio. Dan proprio non lo sopportava...
Finita la preghiera i monaci sono usciti dal tempio e si sono radunati nel cortile. C'erano anziani, uomini e bambini. Tutti avvolti in queste tuniche rosse. Solo tuniche rosse. A gennaio, a più di 2000 metri.
La cosa che più mi ha incuriosito in quel momento è stato vedere i bambini, futuri monaci e uomini posati, giocare tra di loro con degli incensi e soprattutto con delle macchinine, come quelle con cui giocavo io da piccolo... Ricordo di aver pensato "cazzo, siamo dalla parte opposta del mondo, in posti assurdi e in mezzo a gente totalmente estranea al nostro modo di pensare, lontani da tutto ciò che è nostro eppure... questi bambini giocano come giocavo io. Sono i grandi che sono diversi. Sono i grandi che fanno diverso il mondo e che per la loro diversità si scannano... Retorica".
La storia della foto non è un granchè. La foto è venuta per puro caso e credo che per caso sia la più bella che ho scattato. Ho visto tanta gente fotografare e ritoccare, con macchine costosissime, ma questo dagherrotipo mi ha dimostrato che se il soggetto è buono... Non c'è nulla da fare. La foto vien da sé... Come quando scrivi un bel pezzo. La melodia vien da sola, le note si susseguono naturalmente e tu non puoi fare altro che assecondare questo flusso di una musica che, son convinto, già c'è, già e nell'aria e aspetta. Ma questa è retorica.
La seconda foto, con tutta quella sabbia, l'ho scattata in un deserto vicino al Lago Qinghai.
Sì... un deserto vicino a un lago. E quando dico deserto intendo proprio un deserto con la sabbia, le dune, il vento e tutti quei disegni che il vento crea sulla superficie...
Era comunque un deserto piccolo. Lì... incastonato in mezzo a una steppa. Qualche centinaio di chilometri quadrati.
Ma quando l'ho visto ricordo (e lo rivivo) di aver sentito il groppo in gola come quando ero felice, anzi felicissimo da bambino. Ero euforico. Pazzo. Dentro. E forse anche fuori...
"Cazzo è un deserto! Cazzo... Un deserto vero... Come il Sahara! Non sono mai stato in un deserto!! Cazzo Dan... Chiedi all'autista se possiamo farci due passi in mezzo perchè io non mi fermo sulla strada! Merda... Ci sono le dune!! DAN! LE DUNE! Sabbia dovunque... Sabbia assurda!!"
Credo che l'autista mi abbia preso per pazzo.
Nel mio entusiasmo ho imbracciato la macchina, ho inforcato gli occhiali da sole (perchè quel giorno il cielo era terso come mai e il sole picchiava duro) ho voltato le spalle alla strada e col permesso dell'autista ho scalato una duna addentrandomi nel deserto. Con me Dan che, come me, faticava come un maratoneta, perchè, non so se vi è mai capitato di salire su una duna di sabbia, ma è una cosa che spacca le gambe.
Uno si deve scordare della solidità del materiale e mettersi in testa che il piede cede... Quando dai forza al passo, i piedi affondano e la consistenza manca. Faticoso.
Arrivati su (col fiatone) mi avreste visto continuare a guardare Dan come un imbecille. Ormai mi mancavano le parole. Mi sbracciavo, lo guardavo e indicavo le dune, lo guardavo di nuovo, sgranavo gli occhi e ridevo. Lui tutto sommato faceva come me. Dan è uno che si stupisce per molte cose... Ed è fantastico.Spiegherò le prime due foto postate visto che non l'ho fatto e che, soprattutto, mi piace potervi descrivere le cose che ho vissuto, perchè è sempre bello rivivere certi ricordi... Non tutti. Ma questi sì.
La foto col giovane monaco avvolto nella tua tunica rossa l'ho scattata nel monastero di Tongren.
Tongren è un importante luogo di culto per i buddisti. La città è spesso chiusa ai turisti occidentali, per paura che questi possano fomentare rivolte tra gli autoctoni (non dimenticate che eravamo a poche centinaia di chilomtrei dal tanto martoriato Tibet).
La gente a Tongren come in molti paesi del Qinghai è davvero semplice e si stupisce anche solo di vedere una macchina fotografica digitale, e il fatto di potersi vedere ritratti in tempo reale li affascina e spaventa al tempo stesso. Sublime.
Nel monastero (vicino alla città) abbiamo assistito a un momento di preghiera di una quarantina di monaci. Un esperienza toccante vista l'atmosfera surreale che si respirava laggiù, al buio, con la sola illuminazione di numerose candele, in mezzo a drappi rossi, tappeti, statuette d'oro ed effigi raffiguranti il Budda, camminando su assi di legno che risuonavano a ogni passo che facevamo (a piedi scalzi).
La preghiera era una specie di nenia dal sapore indescrivibile. Una voce guidava i monaci cantando con voce roca e monocorde... Gli altri accompagnavano la preghiera, ma il risultato era un misto fra il parlato e il cantato che è impossibile rendere a parole. Diverso comunque da ogni preghiera recitata in una qualunque chiesa delle nostre parti...
Ricordo chiaramente che c'era un acre odore di formaggio. Probabilmente dovuto al fatto che le candele non erano di cera, ma di qualche grasso animale. Quell'odore l'ho incontrato diverse volte nel mio viaggio. Dan proprio non lo sopportava...
Finita la preghiera i monaci sono usciti dal tempio e si sono radunati nel cortile. C'erano anziani, uomini e bambini. Tutti avvolti in queste tuniche rosse. Solo tuniche rosse. A gennaio, a più di 2000 metri.
La cosa che più mi ha incuriosito in quel momento è stato vedere i bambini, futuri monaci e uomini posati, giocare tra di loro con degli incensi e soprattutto con delle macchinine, come quelle con cui giocavo io da piccolo... Ricordo di aver pensato "cazzo, siamo dalla parte opposta del mondo, in posti assurdi e in mezzo a gente totalmente estranea al nostro modo di pensare, lontani da tutto ciò che è nostro eppure... questi bambini giocano come giocavo io. Sono i grandi che sono diversi. Sono i grandi che fanno diverso il mondo e che per la loro diversità si scannano... Retorica".
La storia della foto non è un granchè. La foto è venuta per puro caso e credo che per caso sia la più bella che ho scattato. Ho visto tanta gente fotografare e ritoccare, con macchine costosissime, ma questo dagherrotipo mi ha dimostrato che se il soggetto è buono... Non c'è nulla da fare. La foto vien da sé... Come quando scrivi un bel pezzo. La melodia vien da sola, le note si susseguono naturalmente e tu non puoi fare altro che assecondare questo flusso di una musica che, son convinto, già c'è, già e nell'aria e aspetta. Ma questa è retorica.
La seconda foto, con tutta quella sabbia, l'ho scattata in un deserto vicino al Lago Qinghai.
Sì... un deserto vicino a un lago. E quando dico deserto intendo proprio un deserto con la sabbia, le dune, il vento e tutti quei disegni che il vento crea sulla superficie...
Era comunque un deserto piccolo. Lì... incastonato in mezzo a una steppa. Qualche centinaio di chilometri quadrati.
Ma quando l'ho visto ricordo (e lo rivivo) di aver sentito il groppo in gola come quando ero felice, anzi felicissimo da bambino. Ero euforico. Pazzo. Dentro. E forse anche fuori...
"Cazzo è un deserto! Cazzo... Un deserto vero... Come il Sahara! Non sono mai stato in un deserto!! Cazzo Dan... Chiedi all'autista se possiamo farci due passi in mezzo perchè io non mi fermo sulla strada! Merda... Ci sono le dune!! DAN! LE DUNE! Sabbia dovunque... Sabbia assurda!!"
Credo che l'autista mi abbia preso per pazzo.
Nel mio entusiasmo ho imbracciato la macchina, ho inforcato gli occhiali da sole (perchè quel giorno il cielo era terso come mai e il sole picchiava duro) ho voltato le spalle alla strada e col permesso dell'autista ho scalato una duna addentrandomi nel deserto. Con me Dan che, come me, faticava come un maratoneta, perchè, non so se vi è mai capitato di salire su una duna di sabbia, ma è una cosa che spacca le gambe.
Uno si deve scordare della solidità del materiale e mettersi in testa che il piede cede... Quando dai forza al passo, i piedi affondano e la consistenza manca. Faticoso.
La sabbia era davvero finissima e volava dovunque. La luce del sole riflessa era davvero abbagliante. Foto, foto, foto... Credo di aver fatto 30 o 40 foto solo al deserto.
Che poi essendo un deserto non è che abbia tutte queste attrattive, ma in quel momento mi sembrava la cosa più bella che io avessi mai visto...
"E lì, niente Alice, niente bianconigli, nessuna preoccupazione. Niente di niente. Solo io, Dan, un entusiasmo primordiale e la facoltà di sentirsi liberi".
Che poi essendo un deserto non è che abbia tutte queste attrattive, ma in quel momento mi sembrava la cosa più bella che io avessi mai visto...
"E lì, niente Alice, niente bianconigli, nessuna preoccupazione. Niente di niente. Solo io, Dan, un entusiasmo primordiale e la facoltà di sentirsi liberi".